12/09/14
19/07/10
COME E' ANDATA A FINIRE - Mappe online
L'azienda finlandese Nokia è stata la prima ad ottenere l'ok dal Bureau of Surveying and Mapping per i suoi servizi di online mapping. Prima dell'approvazione finale, le applicazioni Nokia saranno soggette al giudizio dell'opinione pubblica.
12/07/10
SEGNALAZIONE - Cento italiani matti a Pechino
In treno, da Venezia a Pechino: cento matti e cento operatori. Ma chi è cosa?
Domani, al Nuovo Sacher di Roma.
03/07/10
Xinjiang - Lezioni di funambolismo.
Una fune tesa da un'estremità all'altra del Nido d'uccello, stadio simbolo delle Olimpiadi Pechino 2008, e un record: 198 ore e 33 minuti a camminare sospesi nel nulla, con il solo aiuto di un bilanciere. A conquistare il primato mondiale è Adili Wuxor, un cinquantenne uighuro, di professione funambolo.
Vestito dei colori cinesi ha vissuto 60 giorni in cima allo stadio per allenarsi e trovare la giusta concentrazione. Quando scende, sventolando la bandiera cinese, esprime in poche parole tutte le contraddizioni della situazione del suo popolo nella potente Repubblica popolare.
“È il giorno più felice della mia vita, ma questo record mondiale non appartiene solo a me. È un primato che appartiene a tutti i cinesi e che, allo stesso tempo, consacra uno sport tradizionale, il dawaz (che in lingua uighura significa proprio funambolismo areo), praticato da più di due millenni nella regione dello Xinjiang”.
Adili, infatti, proviene dalla remota provincia di Kashgar, città che per millenni è stata punto di incontro tra oriente e occidente, mercato di confine che ha permesso il passaggio, assieme alle merci, di arti, culture e religioni lungo quella che per secoli è stata l'unica rotta commerciale tra i due estremi del continente euroasiatico, la Via della seta. È esso stesso il frutto di quelle tradizioni popolari in quanto figlio d'arte: suo padre ha praticato il dawaz, la pericolosa arte del funambolismo, fino all'età di 72 anni.
E non è un caso che l'atletico uighuro raggiunga il suo record proprio adesso, a un anno dai violenti scontri che hanno infiammato questa regione a maggioranza musulmana della Cina occidentale. È in linea con il tentativo, da sempre praticato nei grandi imperi, di creare coesione sociale attraverso lo sport e, allo stesso tempo, di permettere la riaffermazione e il rinnovamento di antiche tradizioni popolari.
Il precedente record, Adili Wuxor, l'aveva raggiunto proprio nella sua terra, camminando su una corda lunga un chilometro e mezzo sospesa a 1600 metri di altezza sopra un lago della riserva naturale di Kanas. Era il 5 luglio 2009 e mentre il nostro funambolo cercava di non perdere la concentrazione per non soccombere alle forti raffiche di vento, a qualche centinaia di chilometri di distanza a Urumqi, capitale dello Xinjiang, scoppiavano i disordini che avrebbero portato han e uighuri a trasformare la loro città in un campo di battaglia (almeno 200 morti e 1700 feriti secondo fonti cinesi, la maggior parte di etnia han).
Oggi, a un anno di distanza, la situazione è ancora estremamente tesa. Le strade delle principali città sono fortemente militarizzate, il controllo da parte delle forze dell'ordine è altissimo (quarantamila telecamere sono state installate nella sola città di Urumqi), molti degli uighuri arrestati a seguito delle violenze non hanno mai fatto ritorno a casa e chi ha potuto è fuggito.
Incrociando diverse fonti si può ipotizzare che nell'ultimo anno almeno 300 uighuri hanno lasciato la Cina. Secondo i dati delle associazioni di uighuri all'estero non smentite dall'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni unite (Uhncr) - che per ovvi motivi di sicurezza può dare informazioni più precise sulle motivazioni dei richiedenti asilo - sono circa 150 i richiedenti asilo in Olanda e 30 in Australia. Si sa che molti sono andati negli Stati Uniti e in Svezia e che alcuni hanno provato a raggiungere alcuni stati del sud est asiatico come la Malesia, la Birmania e la Cambogia, per poi essere estradati dai governi di questi ultimi di nuovo in Cina (17 persone dalla Cambogia e 20 dalla Birmania). Nulla si sa degli uighuri scappati in Turchia e in altri paesi dell'Asia centrale, sicuramente i più vicini sia geograficamente sia culturalmente (lingua, religione, usi e costumi).
Intervistando gli uighuri scappati dallo Xinjiang, Amnesty International, è arrivata ad affermare in un rapporto ufficiale che dal luglio del 2009 sono state arrestate circa mille persone di cui centinaia sono scomparse. Secondo le statistiche ufficiali, invece, sono stati processati 198 uighuri. Di questi 26 sono stati condannati a morte e per 9 di essi la sentenza è già stata eseguita.
Quello che risulta chiaro è l'insofferenza da parte degli uighuri alla politica di sommersione etnica di matrice han. È un dato che fino agli anni Ottanta gli uighuri costituivano oltre l'80 per cento della popolazione dello Xinjiang e che oggi sono scesi a meno del 40 per cento. È anche innegabile che nel frattempo nella regione sono arrivate ferrovie e industrie, ma che l'occupazione e il reddito dei giovani uighuri non è aumentato così come è alta la resistenza all'apprendimento di lingua e cultura cinese.
Pechino è a conoscenza di queste problematiche e sa che l'assorbimento di una cultura passa attraverso la conoscenza della lingua. Così il Governo dello Xinjiang ha imposto ai bambini delle minoranze di andare a scuola due anni prima degli altri ed è disposto a coprire interamente le spese finanziarie, nel caso in cui lo studente decida di frequentare le scuole superiori al di fuori della Provincia autonoma. Dal 2000 hanno usufruito di questi aiuti almeno trentamila studenti, il 71 per cento dei quali veniva da famiglie così povere che altrimenti non avrebbe avuto occasione di frequentare le scuole. Questi ragazzi hanno avuto un'occasione unica, ma con ogni probabilità scorderanno l'antica tradizione del dawaz. Anche per questo è importante che l'atleta Adili Wuxor lo ricordi in mondovisione, e che continui a mantenere il suo equilibrio precario e ad avanzare con coraggio su quella corda tesa tra tradizione e modernità.
23/06/10
DICONO SULLA CINA - Il mercato delle vuvuzela, la gallina dalle uova d'oro
I mondiali attualmente in corso saranno ricordati anche per le trombette da stadio vuvuzela, che da oggi sbarcheranno anche in Italia.
Non si tratta solo di tifo o fastidioso ronzio che accompagna ogni partita di questo mondiale. Le vuvuzela, tanto rumorose da mettere a rischio l'udito dei presenti, sono ormai un vero e proprio business. Lo sanno bene i cinesi che ne producono e ne esportano il 90 per cento. Solo la Ninghai Jiying Plastics Manufacturing Company, azienda dello Zhejiang, da aprile di quest'anno ne ha prodotte e vendute già un milione di esemplari con un fatturato 28 Milioni di yuan (quasi il doppio rispetto al fatturato dello scorso anno: 18 milioni di yuan). Secondo l'azienda inoltre, il mercato delle vuvuzela non si esaurirà con questi mondiali: molti ordini stanno arrivando da differenti paesi. Mettiamoci l'anima in pace, quindi, cominceremo a sentire il loro caratteristico ronzio anche negli incontri di calcio nostrani e nelle più disparate celebrazioni. Almeno fin quando non verranno vietate, come è già accaduto per i tornei di tennis (Wimbledon) e di rugby.
Non si tratta solo di tifo o fastidioso ronzio che accompagna ogni partita di questo mondiale. Le vuvuzela, tanto rumorose da mettere a rischio l'udito dei presenti, sono ormai un vero e proprio business. Lo sanno bene i cinesi che ne producono e ne esportano il 90 per cento. Solo la Ninghai Jiying Plastics Manufacturing Company, azienda dello Zhejiang, da aprile di quest'anno ne ha prodotte e vendute già un milione di esemplari con un fatturato 28 Milioni di yuan (quasi il doppio rispetto al fatturato dello scorso anno: 18 milioni di yuan). Secondo l'azienda inoltre, il mercato delle vuvuzela non si esaurirà con questi mondiali: molti ordini stanno arrivando da differenti paesi. Mettiamoci l'anima in pace, quindi, cominceremo a sentire il loro caratteristico ronzio anche negli incontri di calcio nostrani e nelle più disparate celebrazioni. Almeno fin quando non verranno vietate, come è già accaduto per i tornei di tennis (Wimbledon) e di rugby.
DICONO SULLA CINA - La calvizie non è più un problema
Una buona notizia per i taiwanesi calvi: recarsi in Cina non sarà più un problema. Secondo quanto riportato da quotidiani e agenzie stampa internazionali, nella città cinese di Xiamen, che si affacciata sullo stretto di Taiwan proprio di fronte alla "provincia ribelle", sarebbe stata in vigore una regola che proibiva la concessione di un visto annuale multi entry ai cittadini taiwanesi calvi. Il motivo, secondo fonti anonime del mondo delle agenzie di viaggio di Taiwan riportate dal Liberty Times, sarebbe che per i calvi "è più facile travestirsi".
Il quotidiano cinese in lingua inglese Global Times nega che sia mai esistita una regola di questo genere e ricorda il crescente flusso di turisti tra le due sponde da quando nel 2008, a seguito della vittoria elettorale del presidente Ma Ying-jeou, sono state aperte le frontiere.
Il quotidiano cinese in lingua inglese Global Times nega che sia mai esistita una regola di questo genere e ricorda il crescente flusso di turisti tra le due sponde da quando nel 2008, a seguito della vittoria elettorale del presidente Ma Ying-jeou, sono state aperte le frontiere.
18/06/10
Ancora su internet - le reazioni al libro bianco
L'8 giugno l'Ufficio informazione del Consiglio di Stato della Repubblica popolare cinese pubblica un libro bianco su Internet in Cina in cui riconosce l'importanza economica e sociale della rete ma ribadisce che gli spazi virtuali esistenti all’interno dei confini della Repubblica Popolare sono sottoposti alla legislazione cinese.
Mentre il mondo intero si interroga su come interpretare questo documento, Google torna all'attacco. Dopo l'intervista rilasciata al Guardian da Sergey Brin, cofondatore del colosso di Mountain View in cui si chiede ai governi di Europa e Stati Uniti di esercitare pressione sulla Cina per scalzare l'ampio sistema di filtraggio della rete imposto dalle autorità di Pechino, il vicepresidente di Google David Drummond, rincara la dose.
Ricevuto a Bruxelles dal vicepresidente della Commissione Ue e commissario alla Giustizia, Viviane Reding, dichiara: "la censura, oltre che un problema afferente ai diritti umani, è una barriera commerciale. La censura ovviamente, è dettata da ragioni politiche, ma è anche un modo per svantaggiare le multinazionali che entrano nel mercato cinese". Insomma, secondo Google, "la censura è una barriera sleale al libero scambio".
Dalle pagine del Quotidiano del popolo risponde He Maochun, Direttore del Centro di ricerca per l'economia e la diplomazia dell'università Tsinghua di Pechino. Secondo il dottor He, gli Stati Uniti cercano di mantenere la supremazia nel settore dei servizi internet e "Google sta cercando di trarre vantaggio dalla situazione". Aggiunge inoltre che Cina e Stati Uniti non hanno firmato nessun accordo su Internet e che "la censura è associata alla sicurezza dell'informazione" e quindi la Repubblica popolare non può rinunciarvi.
Mentre il mondo intero si interroga su come interpretare questo documento, Google torna all'attacco. Dopo l'intervista rilasciata al Guardian da Sergey Brin, cofondatore del colosso di Mountain View in cui si chiede ai governi di Europa e Stati Uniti di esercitare pressione sulla Cina per scalzare l'ampio sistema di filtraggio della rete imposto dalle autorità di Pechino, il vicepresidente di Google David Drummond, rincara la dose.
Ricevuto a Bruxelles dal vicepresidente della Commissione Ue e commissario alla Giustizia, Viviane Reding, dichiara: "la censura, oltre che un problema afferente ai diritti umani, è una barriera commerciale. La censura ovviamente, è dettata da ragioni politiche, ma è anche un modo per svantaggiare le multinazionali che entrano nel mercato cinese". Insomma, secondo Google, "la censura è una barriera sleale al libero scambio".
Dalle pagine del Quotidiano del popolo risponde He Maochun, Direttore del Centro di ricerca per l'economia e la diplomazia dell'università Tsinghua di Pechino. Secondo il dottor He, gli Stati Uniti cercano di mantenere la supremazia nel settore dei servizi internet e "Google sta cercando di trarre vantaggio dalla situazione". Aggiunge inoltre che Cina e Stati Uniti non hanno firmato nessun accordo su Internet e che "la censura è associata alla sicurezza dell'informazione" e quindi la Repubblica popolare non può rinunciarvi.
16/06/10
SEGNALAZIONE - Lavoratori socialisti
La Cina è famosa per la sua inesauribile riserva di lavoratori a basso costo. Ma gli scioperi delle ultime settimane, le rivendicazioni dei lavoratori e gli aumenti salariali ottenuti ci inducono a pensare che tutto questo stia cambiando.
Forse anche la Cina si troverà presto a corto di lavoratori.
L'analisi dell'Economist.
Segnaliamo anche: Cosa vogliono i lavoratori cinesi sul New York Times, con interviste a Leslie T. Chang (autrice di Operaie, Adelphi 2010), C. Cindy Fan (autrice di China on the Move, Routledge 2008), Zhang Lijia (autrice di Socialismo è grande!, Cooper 2010), Yasheng Huang (autore di Capitalism With Chinese Characteristics, Cambridge University Press 2008) e Mary Gallagher, (direttrice del Centro di studi cinesi dell'Università del Michigan).
14/06/10
SEGNALAZIONE - La spallata del Cipputi cinese
Come si dice Cipputi in cinese? L'operaio metalmeccanico, reso celebre dalle vignette di Francesco Tullio Altan, è in agitazione: non più nelle fabbriche dell'Italia Settentrionale, ma a Shanghai, Canton, Guangzhou e in decine di altri centri nevralgici che fanno della Cina la più dinamica economia del mondo.
A differenza del Cipputi italiano che ormai ha superato la mezza età e guarda alla pensione, il Cipputi cinese è giovane, relativamente istruito, con molte ambizioni e una vita di lavoro davanti a sé. Il Cipputi italiano ha probabilmente una piccola auto, un po’ vecchiotta, che gli serve spesso per andare a lavorare e qualche volta per andare al mare, il Cipputi cinese ha un telefonino - ce ne sono in Cina circa 700 milioni - che gli serve, tra l'altro, per organizzare scioperi e manifestazioni.
A differenza del Cipputi italiano che ormai ha superato la mezza età e guarda alla pensione, il Cipputi cinese è giovane, relativamente istruito, con molte ambizioni e una vita di lavoro davanti a sé. Il Cipputi italiano ha probabilmente una piccola auto, un po’ vecchiotta, che gli serve spesso per andare a lavorare e qualche volta per andare al mare, il Cipputi cinese ha un telefonino - ce ne sono in Cina circa 700 milioni - che gli serve, tra l'altro, per organizzare scioperi e manifestazioni.
Continua a leggere Mario Deaglio su La Stampa.
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