23/02/09

DICONO IN CINA - Cosa la Cina si aspetta da Obama

In occasione della visita del segretario di stato americano Hillary Clinton in Cina, il New York Times ha pubblicato le opinioni di quattro esperti sui rapporti che si vanno via via definendo tra la Repubblica popolare cinese e la nuova amministrazione americana.

Daniel A. Bell, professore di filosofia politica presso l’importante università di Pechino Tsinghua e autore del fortunato saggio China’s New Confucianism: Politics and Everyday Life in a Changing Society scrive:
“La maggior parte dei miei studenti sembrano sorprendentemente immuni dalla Obama mania […]. Essi riconoscono l’importanza di un cambiamento politico ma la democrazia viene ancora additata come causa di instabilità politica e di inefficienza economica. Per questo cercano ispirazione, come d’altronde molti intellettuali, nella tradizione cinese. Una democrazia con caratteristiche cinesi continua ad essere lo slogan che anima i dibattiti sulla politica ma ancora non sono chiare quali sarebbero queste caratteristiche cinesi. L’amministrazione Obama dovrebbe cercare di trovare un punto di contatto con questi gruppi dimostrando un interesse genuino per la cultura cinese e trattando con la Cina da pari a pari. In questo momento anche un gesto simbolico, come ad esempio usare qualche parola cinese nei discorsi indirizzati a loro, potrebbe aiutare.”
Andy Xie, un economista attualmente residente a Shanghai ed ex membro della Banca mondiale, scrive:
“Mai come oggi americani e cinesi sono stati legati a doppio filo, almeno economicamente. […] Ciò che succede in Florida e in Arizona ha un effetto significativo e immediato sul mercato del lavoro nel Guangdong […]. Gli Stati Uniti sono i maggiori investitori esteri della Repubblica popolare la quale, a sua volta, possiede la maggioranza dei buoni del tesoro americani. La rivalutazione dello yuan, però, rimane motivo di divisione tra le due nazioni; farlo adesso è pericoloso perché la stabilità del dollaro è legata alla moneta cinese e la fluttuazione dello yuan potrebbe provocare un’impennata dell’inflazione negli Stati Uniti”.


Zhang Haibin, professore associato all’Università di Pechino e membro della Commissione su commercio e ambiente del Ministero del commercio cinese, scrive:
“Nonostante negli ultimi trent’anni le due nazioni abbiano firmato più di quaranta accordi bilaterali sull’energia e sull’ambiente, fino ad ora gli Stati Uniti sono stati riluttanti a considerare i cambiamenti climatici una priorità degli accordi bilaterali con la Cina. […] L’amministrazione Obama potrebbe porre fine a tutto questo firmando un documento d’intesa che preveda aiutando quei progetti sui cambiamenti limitaci in cui la Cina investe ed elevandosi ad esempio accentando i vincoli sulle emissioni”.


Lo scrittore Michael Meyer autore dell’incredibile The Last Days of Old Beijing: Life in the Vanishing Backstreets of a City Transformed di cui Danwei ha pubblicato un capitolo, scrive:
“Quando sono arrivato in Cina nel 1995, come volontario del Corpo di pace, un diplomatico americano mi disse: «Dimentica la democrazia. Tu sei qui per creare futuri bevitori di Pepsi». Questa è una considerazione da girare alla signora Clinton: invece di visitare i palazzi restaurati e gli impressionanti viali olimpici potrebbe fare una breve passeggiata per i vicoli di Dazhalan e dire: «Vorrei che l’America avesse più quartieri di questo genere». Nel caso avesse sete, troverebbe comunque i lunghi corridoi di Wal-Mart pieni zeppi di Pepsi".

Nessun commento:

Posta un commento